
Accostandoci alla silloge di poesie “L’invisibile nutrimento” di Myriam De Luca, ci accorgiamo subito di trovarci di fronte a qualcosa di nuovo, di sfuggente, come è ciò che è invisibile. Notiamo innanzi tutto, che non risaltano i temi che affrontano in genere tutti i poeti, i temi legati all’esistenza, quali l’amore, il dolore, la natura, e così via. Essi compaiono qua e là ma quasi di sfuggita. Allora ci chiediamo: “Qual è il fulcro attorno a cui ruota tutta la poesia di Myriam De Luca, in questo libro? È un po’ arduo a scoprirsi, è qualcosa che tutti i poeti provano, ma in lei c’è di più, c’è un oltre. È proprio dei poeti scoprire la bellezza, pur nell’oscurità fumogena delle cose, scoprire la rosa tra le spine. E lo fanno quando viene loro l’ispirazione, quando il loro spirito è invaso dal fuoco poetico. Ora Myriam De Luca, che è poetessa, questa prerogativa la possiede, ma possiede qualcosa in più, qualcosa che non è legata all’ispirazione del momento, ma dura sempre. È quasi costitutivo del suo essere, come una mano, un braccio, però non è qualcosa di materiale ma di spirituale, è una condizione permanente del suo spirito. È come se ella fosse in uno stato perenne di ispirazione, di estasi, di incanto. Una condizione di spirito che prescinde dalla realtà, anche se in questa è immersa. “Mi perdo in un cielo d’estate /e di montagne. / Abbondanza di profumi e colori / sussurrano armonie all’anima… /Lo sguardo rapito / trova emozioni imperiture / si ubriaca di meraviglia…così che la poesia di un attimo / brilli per sempre.” E quel che prova Myriam De Luca, e che in lei dura sempre è difficile a capirsi, ma ci può aiutare quel che è raffigurato nell’immagine di copertina: un sentiero tra gli alberi in un bosco in montagna. Diversamente dagli altri poeti che in genere cantano il mare, Myriam De Luca ama la montagna, e di questa, in particolare il bosco. Esso esercita una grande suggestione su di lei. E allora immaginiamo lo stato d’animo suo mentre cammina nel sentiero di un bosco: “Su alture irrorate di cielo / trovo nuovi fermenti. / Mi vesto di briciole di gaiezza.” Altrove: “L’eloquenza di incanto imprevisto/ mi accerchia /e accende inesplicabile stupori.” E osserva: “L’armonia non sembra così distante.” Lì, nel bosco: “Sento ancora bellezza / nel silenzio di un’umanità dispersa/… Nel mio guscio di stelle / conto i miei sogni“…. [CONTINUA]
Clicca sulla pagina di Culturelite il social magazine dedicato alla buona cultura in tutte le sue forme, per continuare la lettura della prefazione del Professore Tommaso Romano.