
Per uno scrittore, la stesura e la pubblicazione di un libro equivalgono quasi a una gestazione fatta di grandi momenti di gioia e di entusiasmo ma anche di momenti di ansia e di preoccupazione. Lo sa bene Giovanna Gebbia, genitrice di questo bambino cartaceo che indossa un rilassante vestitino blu notte e un bellissimo nome: Sulle tracce del passato.
Già il titolo presuppone l’incipit di un cammino, di un viaggio alla scoperta del passato per comprendere il presente. Leda, la protagonista di questa storia, in seguito a una fotografia scoperta per caso nello studio del padre, morto anni prima, sente un improvviso bisogno di intraprendere un viaggio alla ricerca della sconosciuta che nella foto abbraccia il padre e il fratello allora molto piccolo.
Sulle tracce del passato riuscirà a ricostruire e a mettere insieme tanti tasselli mancanti della sua esistenza e a colmare quella parte di sé che era rimasta incompleta e bisognosa di verità e risposte.
All’interno di questa storia, ho trovato molto originale e interessante l’analisi profonda che l’autrice riesce a tessere tra un luogo e le emozioni che esso suscita, invitandoci a riflettere sulle radici della Sicilia, delle sue tradizioni, dei suoi odori, dei suoi sapori e a considerare la loro evoluzione attraverso il tempo. Impossibile non cogliere nella narrazione l’approfondimento e la visione dei luoghi che segnano il viaggio della protagonista rendendola molto lontana da una semplice enunciazione cronologica dei luoghi. Ogni luogo, infatti, viene messo a fuoco con grande capacità critica ed emozionale.
“Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze”.
Questa bellissima citazione di Gesualdo Bufalino introduce il capitolo del libro (pag. 59) dedicato a Petralia Soprana, piccolo borgo italiano facente parte del Parco delle Madonie proclamato nel 2018 Borgo dei Borghi per la sua peculiare bellezza.
“Dirigendosi verso la piccola struttura che aveva scelto per trascorrere la notte, si guardava intorno notando l’aspetto delle case che rivelavano la tipica tradizione delle costruzioni montane: i conci delle facciate in pietra bianca prendevano colore dai vasi fioriti, esposti sui balconi, dietro ai quali i vetri delle finestre riflettevano il cielo, animato da nuvole che si rincorrevano come su un pascolo azzurro.
Un attimo dopo aver suonato la campanella in ferro battuto, apparve sulla porta il volto sorridente di Antonella, che la accolse in casa dove aveva realizzato un progetto di ospitalità.
Nel grazioso soggiorno, con i mobili d’epoca e il tipico camino in pietra, le venne offerta una tazza di caffè davanti alla quale scambiarono qualche chiacchiera.

Leda decise quindi di fare un primo giro tra i vicoli che l’avevano incuriosita, approfittando delle indicazioni che Antonella le aveva anticipato sulla storia del borgo e i luoghi che avrebbe potuto visitare.
Nel pomeriggio ormai inoltrato la calura si andava lentamente stemperando.
Avvicinandosi la sera, la pietra iniziava a mutare a seconda dell’esposizione, assumendo riflessi cerulei misti ad altri rosati, giocando con gli ultimi raggi del sole filtrati da alcune nuvole basse, che lentamente lasciavano il posto al buio che avrebbe avvolto ogni cosa.
L’aria fresca e alleggerita dall’afa trasportava l’aroma di fieno ed erba che si univa ai profumi saporiti delle cucine casalinghe e dei ristoranti.
Si diresse verso la piazza principale, dove troneggiava il prospetto del Comune edificato in stile tardo gotico, affacciato sugli abeti che circondavano il monumento al milite ignoto, intorno al quale si incontravano gli abitanti del paese per le loro chiacchiere quotidiane.
Dal belvedere che guardava la vallata in direzione di Palermo, il tramonto aveva già iniziato il suo lento lavoro in dissolvenza e gli ultimi raggi di luce, fiammeggianti, sparivano dietro le creste di Piano Battaglia.”
Ci sono una serie di fattori che danno valore a un libro, quello che ho trovato più forte e più bello tra queste pagine è il bisogno di evasione che accomuna noi esseri umani, così diversi ma in fondo così uguali.
Il viaggio scandisce un intenso momento di evasione dalle nostre abitudini, dalla noia del quotidiano, da un’unica giornata replicata all’ infinito e ci permette di far uscire la parte migliore di noi, quella che generalmente viene sopraffatta da uno stile di vita monotono e frenetico. A questo punto, non posso che auguravi buon viaggio tra le accoglienti emozioni di quest’ opera, sicura che al vostro ritorno vi sentirete diversi nella testa e nel cuore.







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