Poter osservare l’origine dei fenomeni significa, il più delle volte, avere un punto di vista privilegiato sulla Storia. Non sempre è facile farlo, e non sempre è esatto, ma questo percorso iniziato insieme alla ricerca dei cambiamenti, delle accelerazioni e delle frenate della società recente può fornirci, in qualche modo, delle risposte sulle realtà che oggi viviamo.
Gli Anni Sessanta sono stati vorticosi in questo senso, e meritano a pieno titolo l’appellativo di decennio dei miracoli e delle speranze, se pensiamo che iniziano con il volo spaziale di Jurij Gagarin nel ’61 e si chiudono con la passeggiata sulla Luna di Neil Armstrong e Buzz Aldrin nel ’69.
Già dando un’occhiata alla timeline degli eventi principali, possiamo riconoscere tanti momenti cruciali del nostro “passato prossimo”: l’inizio della costruzione del Muro di Berlino nel ’61, l’assassinio di J.F.K. nel ’63, anno in cui Martin Luther King marcia pacificamente su Washington con 200.000 persone per chiedere l’integrazione razziale. Martin Luther King sarà poi assassinato nel ’68. Quel ’68 che passerà alla storia e, insieme, alla mitologia stessa delle generazioni successive.
Da un lato gli Stati Uniti con il fenomeno hippy, la svolta pacifista, il ritorno alla natura, il rifiuto della violenza, il nuovo interesse nei confronti del pericolo dell’inquinamento e la contestazione della Guerra in Vietnam. Dall’altro lato l’Europa delle rivolte studentesche, della messa in discussione della società tradizionale, dei valori borghesi, del capitalismo e dell’imperialismo.
Non a caso i Sessanta sono anche il decennio dell’Africa: sono più di 40 gli Stati africani che ottengono l’indipendenza in questi dieci anni, mentre il colonialismo si sgretola inesorabilmente.
La crescita economica e produttiva iniziata negli Anni Cinquanta comincia a produrre i suoi risultati: da un lato una rivoluzione antropologica e culturale, dall’altro la nascita della società dei consumi. Sono gli anni del boom della pubblicità, dei “consigli per gli acquisti” che modellano le scelte di una società sempre più “di massa”, dove gli oggetti cominciano ad acquistare valore intrinseco e irrinunciabile.
In questo periodo si formano nuovi modelli culturali di riferimento. La musica è solo l’esempio più evidente: il primo album dei Beatles esce nel 1963, inizia la “British Invasion”, nascono gruppi storici come i Pink Floyd, The Doors, Black Sabbath, Deep Purple e Led Zeppelin, solo per citarne alcuni. Il festival di Woodstock del 1969 sarà solo il culmine e la celebrazione massima della controcultura hippy del decennio: i gusti e le idee stanno già cambiando al ritmo della nuova musica psichedelica e colta, dell’hard rock e dell’heavy metal.
Ciò che va assolutamente sottolineato, in mezzo a questo carosello di eventi, è l’affermazione femminile. Tra i fenomeni più significativi del Sessantotto, infatti, non possiamo ignorare l’impegno di tutte quelle donne che hanno reclamato il proprio ruolo sociale e politico, e che hanno dato voce alla proprie idee, finalmente distinte e disgiunte dal pensiero maschile.
Andremo alla scoperta di queste voci parlando di Rachel Carson e Marsha P. Johnson.