“Cosa resterà di questi Anni Ottanta?”, cantava Raf in uno dei suoi brani più famosi. Era il 1989 e il video clip della canzone sembrava voler già fare il sunto di un decennio non ancora concluso.
Se volessimo rispondere adesso a quel quesito, potremmo dire: “Tanto. È rimasto davvero tanto!”. Perché gli Ottanta non sono stati un passaggio, ma quasi una rottura. Ci hanno consegnato all’era digitale e ai modelli sociali che hanno formato il presente che stiamo vivendo.
Finisce, in questi anni, la guerra fredda tra USA e Unione Sovietica. Mentre si consoglida questa fase di distensione, il mondo assiste anche al crollo dei regimi comunisti che sopravvivevano in Europa: in Polonia il movimento di Solidarność ottiene le prime libere elezioni, mentre il Muro di Berlino viene abbattuto nel 1989. Nel 1985 vengono firmati i famosi Accordi di Schengen che, abolendo le limitazioni di circolazione tra i diversi Paesi europei, pongono di fatto le fondamenta per la nascita dell’UE (sancita ufficialmente con il Trattato di Maastricht del 1992).
Il mondo, però, non è scosso solamente da mutamenti politici. Gli Ottanta sono anche anni di gravi incidenti ambientali. La disastrosa esplosione di Chernobyl, il naufragio della superpetroliera Exxon Valdez, la scoperta del buco nell’ozono: questi eventi e le loro conseguenze sull’ambiente, protrattesi nel tempo, hanno contribuito alla nascita di una nuova sensibilità nei confronti del pianeta. Comincia da qui il lungo percorso che ci permetterà di costruire una coscienza generale, ma anche individuale, delle nostre responsabilità verso l’ambiente e le altre creature viventi del pianeta.
Allo stesso tempo, in questo decennio, la tecnologia riesce a compiere quel balzo universalistico che forgerà il mondo così come lo conosciamo adesso. Basti pensare all’arrivo di internet e del telefono cellulare. È anche il momento clou della televisione, che impone nuovi modelli di divertimento, di leggerezza e di bellezza che allontanino il pubblico dalle difficoltà emerse alla fine degli Anni Settanta. Persino la musica non riesce a sfuggire alla fascinazione imperante dell’immagine: “Video killed the Radio Stars”, avevano profetizzato i The Buggles nel 1979, e il video di questa canzone fu in effetti il primo trasmesso da MTV nel 1981, inaugurando la grande epoca dei videoclip
Dilaga il consumismo, negli Ottanta, anche grazie alla spinta tecnologica e comunicativa. Il desiderio di cavalcare a ogni costo la modernità che è nell’aria porta rapidamente la società a una nuova forma di edonismo: affermarsi e apparire a ogni costo sembrano diventati gli unici valori vincenti. L’icona di questo tempo, che ne incarna ogni aspetto, sono gli yuppie, i giovani rampanti uomini d’affari che, al limite del cinismo, vivono al massimo, spinti dal desiderio di arricchirsi facilmente e in breve tempo. Maniaci del look e degli oggetti feticcio dell’epoca (Rolex, macchine sportive, abiti di sartoria rigorosamente italiani, feste e cocaina), sono l’immagine perfetta di una nuova generazione che insegue la perfezione estetica (esplode sempre in questi anni la moda delle palestre, delle diete e dei trattamenti di bellezza).
In questo panorama emerge, naturalmente, una nuova immagine femminile, che nasce dalla competizione sempre più serrata con la controparte maschile, ormai anche nel mondo del lavoro. La donna degli Anni Ottanta è anche lei un modello vincente: focalizzata sulla carriera, elegante e aggressiva (sia nell’atteggiamento che nell’abbigliamento).
Per rappresentare il femminile in questo decennio, accanto a una grande scienziata, Françoise Barré-Sinoussi, ho scelto una donna che di certo non può essere considerata “poco conosciuta” come altre di cui abbiamo parlato, ma che spesso non è stata “compresa” all’interno dell’epoca in cui ha vissuto, ovvero Diana, la principessa del Galles.