Quel “mostro” di Mary Shelley…

La ricordiamo per un solo libro, ma la verità è che ne ha scritti otto, più una cinquantina tra racconti e saggi. Oltre ad aver curato, dopo la sua morte, le pubblicazioni del marito, il famoso poeta inglese Percy Bysshe Shelley.

Lei, Mary Shelley, nata Mary Wollstonecraft Godwin, sarà per sempre legata alla sua prima opera, quel Frankenstein che ha alimentato la fantasia dei lettori e degli spettatori negli ultimi 200 anni.


Nel caso di questa scrittrice, gli eventi e gli avvenimenti che hanno costellato la sua vita sono stati fondamentali nel renderla speciale per il suo tempo e per le successive generazioni.

Sua madre, Mary Wollstonecraft, era una femminista, impegnata attivamente nella rivendicazione dei diritti della donne. Morì mettendo al mondo la figlia, ma Mary crebbe convinta di voler assomigliare a quella madre che non aveva potuto conoscere, non solo seguendo le sue orme come scrittrice, ma anche scegliendo uno stile di vita indipendente.

Il padre, William Godwin, era filosofo e romanziere. Educò la figlia alla cultura e all’apertura mentale, coinvolgendola nelle discussioni letterarie che si tenevano in casa.

Le scelte indipendenti di Mary si confermarono a sedici anni, quando fuggì con il poeta Percy Bysshe Shelley, che era già sposato. La loro situazione, condannata dalla società e dalla famiglia di lei, li portò a viaggiare per l’Europa e a vivere in ristrettezze economiche, ma ebbe anche una notevole influenza sulla produzione letteraria della scrittrice.

Mary aveva 18 anni e si trovava in Italia in compagnia di Shelley e di alcuni amici intellettuali, come Lord Byron e John Polidori, quando iniziò la stesura del suo libro più celebre quasi per gioco. Già nella casa paterna aveva avuto modo di incontrare illustri naturalisti e scienziati del tempo, e si era appassionata al lavoro di Luigi Galvani e Alessandro Volta. Il suo interesse verso la scienza emerge nella sua opera, Frankenstein.

La storia è la prima a basarsi sulla sperimentazione scientifica, ma anche la prima a porsi degli interrogativi sull’etica e la morale di tale sperimentazione, e sulle conseguenze cui può portare il desiderio umano di “giocare a essere Dio”.

Trattare dei diversi aspetti legati alla scienza e alla tecnologia, e riflettere su come possano cambiare il mondo nel bene o nel male è proprio il fulcro della science fiction o fantascienza, il genere letterario di cui Frankenstein è considerato oggi il capostipite.

Se ancora oggi, nel Terzo Millennio, la fantascienza è percepita come appannaggio genericamente maschile, possiamo solo immaginare che impressione abbia potuto dare nel 1818 una simile storia scritta da una donna. Escludendo il fatto che, all’epoca, le donne della buona società erano votate quasi esclusivamente al matrimonio e alla cura dei figli, non certo alla scrittura e alla pubblicazione di opere letterarie!

Frankenstein, in effetti, fu inizialmente pubblicato in forma anonima. Dal momento che Percy Shelley ne firmò la prefazione, all’inizio fu ritenuta una sua opera, opinione che rimase in piedi anche negli anni successivi, quando le nuove edizioni furono stampate con il nome della vera autrice.

I critici giudicarono Frankenstein ostile alla religione, dal momento che descriveva un uomo che voleva prendere il posto di Dio. Fu definito, ai tempi, “orribile e disgustoso”. Quando fu reso noto che l’autore era una donna, Mary Shelley fu giudicata più mostruosa e immorale della sua stessa storia.

L’impegno che questa scrittrice profuse nella sua opera, però, e la sua costante volontà di esplorare la scienza, la moralità e il ruolo della donna all’interno della società, hanno fatto di lei un modello e un’ispirazione fino ai giorni nostri.

Mary Shelley e il suo Frankenstein sono amati, a distanza di 200 anni, perché la sua “creatura” ci aiuta a comprendere la natura e l’origine della sua “mostruosità”. Ci obbliga a confrontarci con il “mostro” che può annidarsi in ognuno di noi e ci spinge, in definitiva, a riflettere su come ogni essere umano debba essere considerato una “persona”.

Pubblicato da ilblogdimyriamdeluca

Sono Myriam De Luca, nasco a Palermo dove vivo e opero. Tre parole bastano per presentarmi e rappresentarmi: Donna, Amore, Scrittura. La ricerca della bellezza, attraverso l’arte in ogni sua forma, è parte fondamentale della mia vita. Seguitemi in questo blog per scoprire il mio mondo, miei libri, la mia anima.

2 pensieri riguardo “Quel “mostro” di Mary Shelley…

  1. Un post molto elegante e delicato, oltre che interessante. In tempi come questi, dove ci tocca leggere della storia di Indi Gregory, non c’è che da sorprendersi ancora per come la Shelley abbia toccato argomenti profondi quasi con preveggenza.

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